548DAB Magie di Omnia: Una Rocca di cui parlare

mercoledì 30 settembre 2009

Una Rocca di cui parlare

Si parla spesso di "stile internazionale". A voler dare una definizione di questo tipo particolare di stile, si dovrebbe dire che è un modo di scrivere che pur mantenendo l'indivdualità che caratterizza l'autore - diventando per cui "riconoscibile" - lo stile è facilmente adattabile a un'altra lingua grazie ad un uso chiaro e pulito della lingua in cui è stato scritto e all'uso ridotto di riferimenti specifici alla propria cultura che non potrebbero essere percepiti una volta che il romanzo è pubblicato all'estero. Un sinonimo di "stile internazionale" è quindi "stile pret a porter". Ho letto veramente pochi romanzi con questo tipo di stile e in questo momento non me ne viene nessun'altro che non sia "La Rocca dei Silenzi" di Andrea D'Angelo.


Se pensiamo ai grandi autori internazionali, che hanno successo in tutte le lingue - ed escludiamo i geni del calibro di Hemingway, per esempio - i nomi che saltano alla mente sono Stephen King, Ken Follet e per il fantasy J.K.Rowling.

Per quest'ultima i riferimenti alla cultura britannica sono numerosissimi, ma qui non si parla di ambito culturale del romanzo, ma di stile. La Rowilng, così come Follet o King, usa uno stile pulito, scorrevole e facilmente assimilabile. Se penso al compianto Crichton, ad esempio, ricordo con ammirazione tutte le nozioni di biogenetica e bioetica che ho assimilato leggendo il suo "Next" ma senza leggerle come tali, scorrendo, pagina dopo pagina, colpo di scena dopo colpo di scena.

Tutto questo preambolo per dire che uno stile scorrevole non va discapito della qualità del testo, anzi! Abbellire un'opera d'arte di orpelli e dettagli per darle un significato è più facile che ridurre le rifiniture al minimo e mantenere il significato. E' il processo che tutta la storia dell'arte ha operato dall'inizio del '900 (ma anche prima), liberando l'arte stessa di qualsivoglia contaminazione, fino a denudarla anche del significato stesso, lasciandola a riflettere su se stessa.

Perchè la scrittura in Italia non ha ripetuto un simile iter? Per lo meno, perchè questo iter non è arrivato fino a me? Perchè devo leggere ancora romanzi grondanti di metafore e obesi di aggettivi?
Il linguaggio si evolve velocemente, la velocità è divenuta sinonimo di funzionalità. Ecco, bisogna dire quello che c'è da dire e bisogna farlo in fretta perchè si hanno tante altre cose da dire.

Andrea D'Angelo è in grado di raccontare la sua storia senza perdersi nei gargantueschi meandri della lingua italiana, ma non per questo il romanzo è meno efficace o meno scorrevole. Ho letto una critica al suo stile riguardo al "narratore soffocante". Ok, ci sto, alcuni punti sono effettivamente troppo introspettivi e la psicologia dei personaggi davvero punteggiata nei minimi dettagli.
Ma siamo ben lontani dalla pesantezza! Le pagine comunque scorrono veloci e la storia resta avvincente e ricca di fascinazione e mistero.

Ho avuto modo di leggere altri romanzi con ambientazione o contaminazioni fantastiche ma quando l'autore non pecca di egocentrismo, lo fa di intellettualismo, o di convenzionalismo o di semplicismo. Tutti -ismi, tutte religioni ai quali culti non bisognerebbe essere devoti, perchè, e lo ripeterò fino alla nausea, non si scrive per sè stessi, si scrive come gesto altruistico, si scrive per chi legge e non mi sembra giusto far leggere a qualcuno quanto sono bravo, intelligente o furbo.

Andrea D'Angelo per me rimane il miglior scrittore di Fantasy italiano e lo ringrazio di avermi dato la possibilità di apprezzare la sua storia.




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4 Commenti:

Alle 4 ottobre 2009 alle ore 02:20 , Anonymous Anonimo ha detto...

ciao fabio, dopo un sacco di tempo torno a vedere il tuo blog..è sempre ricco di informazioni e di post! bravo!.
Senti inserisci il mio sito tra i tuoi link...io il tuo l'ho segnato, hai visto?.
ciao ciao, buona domenica!.
linda

 
Alle 6 ottobre 2009 alle ore 02:59 , Blogger Parao ha detto...

Leggo ora la tua recensione. Ti ringrazio per aver letto la Rocca, fa un buon effetto trovare ogni tanto qualche recensione nuova di lavori che si considerano ormai "vecchi".

Devo essere sincero, però, non condivido molto il tuo pensiero. Personalmente io scrivo per me stesso e soltanto poi, in fase di revisione, scrivo per gli altri. Potresti pensare che, alla fin fine, stiamo dicendo la stessa cosa, ma non è così: se io non scrivessi per me stesso, non arriverei mai a scrivere per gli altri. Anzi, nell'esatto momento in cui penso troppo agli altri la mia scrittura muore, perdo entusiasmo. Scrivere per se stessi significa godersi la storia - l'ideazione e la prima stesura -, non preoccuparsi più di tanto dei dettagli che saltano o inverosimili... Scrivere per se stessi significa essere leggeri.
Scrivere per gli altri, invece, è pesante. Ma è divertente, se un autore ama *davvero* la scrittura. Prendere un paragrafo che è stato divertente, ma che è ingarbugliato, e renderlo scorrevole, farlo filare liscio fino al cuore del concetto che esprime, be', dà soddisfazione. Ma è sopportabile soltanto perché il testo c'è già e diventa una sorta di sfida intellettuale, di rebus da risolvere. Se dovessi scriverlo daccapo, sarebbe molto faticoso. Non è un caso che io rivedo anche 30 volte un passaggio pur di *non* riscriverlo. (Naturalmente, tutto ciò è molto soggettivo...)

Arrivare a uno stile internazionale, come l'hai chiamato tu, è un caso fortuito. Qualsiasi lingua diventa internazionale se si lavora con abnegazione acciocché arrivi davvero al lettore.
Ma, ti dirò, a me sembrava che il mio romanzo avesse tutte le carte in regola per staccarsi dal resto del Fantasy che arriva tradotto in Italia, proprio per l'uso della nostra splendida lingua. E mi sono arrivate più conferme, in effetti. (Come sono arrivate le critiche al "narratore soffocante", in parte centrate e che mi hanno insegnato - come ho già scritto nel mio blog.) In sintesi, io non vedo il mio stile come "internazionale", bensì come *molto* italiano - se lo paragono a ciò che posso trovare sugli scaffali delle nostre librerie.

Ciò detto, la tua recensione è diversa dalle altre e mi è piaciuta. Sembra quasi prendere il romanzo come una scusa per parlare d'altro... E' inconsueto, quindi divertente.

Attendo il tuo romanzo, naturalmente.

(A proposito, non sono nemmeno d'accordo con la questione delle recensioni. Se io finisco un romanzo e non m'è piaciuto, lo scrivo a chiare lettere nei miei romanzi. E, in tutta sincerità, delle conseguenze di ciò che scrivo mi faccio carico volentieri, sapendo che niente e nessuno ha piegato il mio pensiero a logiche idiote e, soprattutto, sterili: se sei un bravo autore, saranno i tuoi romanzi ad aprirti la strada del professionismo e nient'altro che i tuoi romanzi potrebbero chiudertela. Temere vendette, ripicche e quant'altro è sciocco: arrivano, che tu critichi positivamente o negativamente i romanzi altrui. - Per quanto mi riguarda, scrivo poche recensioni negativa perché rispetto gli altri autori. Cioè? Cioè è molto raro che io termini un romanzo che non mi sta piacendo e, se non lo termino, non lo posso recensire, di onestà intellettuale parlando. Tutto qui. In questo senso si avvantaggiano autori che scrivono tomi con più di 300 pagine... ;) )

Ciao!

 
Alle 6 ottobre 2009 alle ore 03:42 , Blogger cicobyo ha detto...

Ciao Andrea, in realtà pare proprio che io mi sia spiegato male. E' vero, io scrivo per gli altri, ma nei termini che intendi tu, per quanto riguarda il modo in cui scrivi, speravo si capisse. E' chiaro che l'ideazione, la struttura, le idee sono parti di me stesso, sono il messaggio e quello non è vincolato dalle logiche del lettore. Io parlavo strettamente di stile. Il tuo stile è la cosa che più mi è piaciuta del tuo romanzo. Non l'ho trovato mai eccessivo, rococò o banale. Mi piace come scrivi e trovo che ci sia dell'ottima qualità nell'uso che fai della nostra splendida ma complessa lingua. E volevo dirlo/dirtelo.

Il tuo romanzo era il pretesto per parlare di questo "stile internazionale" di cui si parla tanto. Sinceramente, credo che ci siano altri autori che hanno uno stile più immediato del tuo, ma qualitativamente non sono alla tua altezza. Questo perchè il tuo stile è sì fruibile, ma non anonimo.
In altre parole, puoi scrivere solo tu quello che scrivi. E questo secondo me è un'altra caratteristica fondamentale dello "stile internazionale".

E dico ciò non perchè mi preoccupa il tuo disaccordo, ma perchè ci sono dei punti d'incontro nelle nostre tesi che forse non sono venuti fuori.
Detto questo, l'autore sei tu per cui tu conosci il tuo stile meglio di chiunque altro.

Per quanto riguarda le recensioni, beh... lì mi sono spiegato benissimo.

Resto in attesa del TUO di romanzo, invece...

 
Alle 12 novembre 2009 alle ore 05:37 , Blogger cicobyo ha detto...

Thank you very much! Yeah... it was a really hard job to do all this stuff but it worth it. What life is if you don't put your energy in your dream?

 

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